lunedì 9 febbraio 2009

La storia dimenticata: la vicenda dei lager italiani per l'internameno degli slavi durante il regime fascista

Una delle più devastanti operazioni di mistificazione e rimozione storica è stata compiuta per le vicende militari e politiche della guerra fascista e occupazione della ex - Jugoslavia, di cui non si sa praticamente nulla: l’operazione è ben riuscita, tanto che la storia di Trieste e del confine è ormai associata immancabilmente alla vicenda delle foibe, abilmente sfruttata e ingigantita dai fascisti e dalle destre per rimuovere ciò che accadde molto prima di quegli eventi. Il libro di Alessandra Kersevan, sui Lager italiani, ha il merito di illuminare alcuni episodi di violenza e di persecuzione abilmente nascosti. I nomi di Gonars, Arbe, Treviso, Padova, Renicci, Colfiorito, Cairo, Montenotte, Fiume, Visco, Fraschette di Alatri, Melada, Mamula, Zlarin e Antivari non dicono nulla, ma in realtà furono località con dei veri e propri campi di concentramento fascisti. La studiosa denuncia il fatto che nonostante la Jugoslavia e gli altri paesi occupati fornirono abbondante documentazione, i criminali di guerra italiani non vennero mai processati. L’operazione di occultamento fu facilitata dall’operato dei servizi segreti italiani, che costruirono delle memorie di comodo con annessa raccolta di testimonianze per scagionare i criminali.

Inutile che ti scriva come ci troviamo qui a Gonars, lo puoi comprendere da solo; perché, scrivendoti, non lo crederesti, specialmente ora che ci siamo trasferiti un po’ più vicino. Purtroppo la situazione è peggiorata; non sappiamo come ci potremo sistemare e sostenere più oltre. Qui c’è una forte mortalità di bambini e di vecchi, e presto avverrà che anche i giovani dovranno perire, poiché siamo nelle baracche, senza stufa, con un freddo intenso. Vorrei descriverti meglio, ma preferisco tacere. Non riceviamo nemmeno la posta”. Questa lettera è la traduzione di una copia nell’Archivio di Stato di Udine, Commissione di Censura che ovviamente non venne mai recapitata al destinatario perché censurata dalla Commissione (pag. 15). I documenti, riportati nel testo, si riferiscono al periodo novembre 1942, febbraio 1943, rivelano la drammaticità della situazione vissuta nei campi di concentramento fascisti. La ricercatrice, dopo aver ripercorso il non felice trattamento subito dagli slavi fin dal Risorgimento, con le politiche di snazionalizzazione intraprese dal Regno d’Italia, con l’imposizione dell’italiano nelle amministrazioni e nelle scuole (zona Benecija, la cosiddetta Slavia veneta e friulana), si occupa con cura del periodo fascista.

Fa un certo effetto vedere nel saggio un manifesto del Partito Fascista nel quale si legge: “Si proibisce nel modo più assoluto che nei ritrovi pubblici e per le strade di Dignano si canti o si parli in lingua slava. Anche nei negozi di qualsiasi genere deve essere una buona volta adoperata SOLO LA LINGUA ITALIANA. Noi squadristi, con metodi persuasivi, faremo rispettare il presente ordine”. E dalle parole passarono ai fatti: nel luglio 1920 fu bruciata il Narodni Dom, la casa della cultura degli sloveni e dei croati di Trieste. A Strugnano i fascisti arrivarono nel marzo 1921 a sparare su un treno uccidendo due bambini e ferendone altri. Con la dittatura venne continuata l’opera di italianizzazione forzata e venne scatenata la repressione degli oppositori (pag. 27).

Le condizioni peggiorarono con l’occupazione nazifascista, grazie alla creazione di protettorati e annessioni territoriali vere e proprie: tali aggressioni, con la presenza di regimi (appoggiati e voluti da Mussolini) come quello Ustaša di Ante Pavelic provocarono lutti e distruzioni, con la morte di oltre un milione e mezzo di persone. I governatori italiani, come Bastianini, i capi militari, tra cui Roatta, si distinsero nell’opera di snazionalizzazione con i metodi più abietti. Il generale Robotti fu conosciuto per la frase “si ammazza troppo poco”, teorizzando la repressione preventiva degli oppositori, mentre il generale Roatta emanò la famosa circolare 3C, un elenco di disposizioni per combattere il movimento partigiano di liberazione, con la previsione della fucilazione di ostaggi sospettati di essere comunisti, la fucilazione degli uomini adulti dei paesi presso i quali fossero intervenuti atti di sabotaggio (pag. 56), la deportazione del resto della popolazione, donne, vecchi e bambini, l’incendio dei villaggi e il bombardamento degli stessi. Tutte cose che avvennero puntualmente (e testimonianze permangono nell’archivio della repubblica Slovena e nell’Ufficio storico della Stato Maggiore dell’Esercito o nell’Archivio Centrale dello Stato): massacri, come quello di Podhum, che da solo costò la vita a 108 persone, compiuto dalle italiane camicie nere insieme a truppe regolari, il resto della popolazione venne internato. Lo stesso governatore della Dalmazia Bastianini fece preparare il campo di concentramento di Molat, presso Zara, dove furono giustiziati trecento civili presi come ostaggi. Per quanto riguarda il Tribunale Speciale della Dalmazia (tra i cui membri vi fu il famigerato questore di Roma Pietro Caruso), la Kersevan rammenta un episodio vergognoso accaduto in questa Repubblica nel 2007: i parenti del componente fascista del Tribunale, fucilato dagli jugoslavi dopoguerra per i crimini commessi, Vincenzo Serrentino, sono stati omaggiati con la targa “La Repubblica italiana ricorda”. Questo nel Paese dove la Costituzione è nata dalla Resistenza!!!

Tra le disposizioni della circolare 3C, per i soldati era prevista questa raccomandazione : “Il trattamento da fare ai ribelli non deve essere sintetizzato dalla formula ‘dente per dente’ ma bensì da quella ‘testa per dente’”, tradotta in internamenti di massa per donne, vecchi e bambini. Il criminale Roatta prevedeva campi di concentramento per 20000 persone per le “necessità della Slovenia”, con l’assegnazione di case e beni dei “ribelli” ai caduti fascisti e militi feriti, con l’intento di avviare una vera e propria pulizia etnica della zona.

Il 24 agosto 1942 Emilio Grazioli prospettava una soluzione per la Provincia di Lubiana, con diverse ipotesi: distruzione, trasferimento forzato, eliminazione degli elementi contrari, propendendo per la costruzione di campi di lavoro per evitare che in questi si oziasse. Gli intenti criminali furono ostacolati dalle difficoltà logistiche, dalla guerriglia partigiana e , infine, dalla caduta del Fascismo che portò all’armistizio dell’8 settembre.

La cattiva e confusa gestione, dovuta anche alla divisione dei campi in base alla autorità competente, cioè o quella militare oppure quella civile (Ministero dell’Interno) nel periodo del culmine degli internamenti (primavera 1943), portarono alla morte di fame e di freddo migliaia di sloveni, croati, montenegrini e rom (il campo di Arbe era attendato, per esempio). I campi si moltiplicarono in tutta Italia, con l’urgenza della situazione dovuta alle mire fasciste nelle zone occupate. Importante fatto storico, è la continuità assoluta della politica mussoliniana appoggiata dal governo Badoglio dopo la caduta del Fascismo, per cui la situazione del confine orientale cambiò ben poco nel periodo badogliano. La liberazione fu ottenuta dopo l’8 settembre, grazie allo sbandamento dell’Esercito italiano con l’abbandono da parte del contingente di sorveglianza.

Ora analizziamo alcuni aspetti della vita quotidiana nei campi fascisti. L’idea dei Mussolini, di recuperare gli antifascisti con il lavoro venne tradotta alla lettera nel campo di concentramento di Matera, dove il lavoro coatto venne sfruttato dal filonazista Eugenio Parrini, impresario e faccendiere con buone relazioni nel Ministero dell’Interno: nel campo oltre ai comunisti e agli antifascisti vennero internati gli slavi.

Commovente è la storia dei rastrellamenti della zona di Cabar, che furono prima nei campi di Arbe e poi a Gonars, nella primavera del 1942 per la maggior parte contadini: venne applicata alla lettera la circolare 3C, presi i famigliari dei sospettati, incendiate le loro case, accerchiate le popolazioni e infine deportate. Riporto dal testo una testimonianza scritta di un bambino che visse queste vicende:

“Anch’io come bambino di cinque anni e mezzo (nato l’8 febbraio del 1937) ho vissuto il destino dei miei compaesani . Il 27 luglio l’esercito fascista incendiò tutto il nostro paese di 24 case e tutto quello che si poteva bruciare. Ci hanno tolto il bestiame, e tutti i paesani che si trovavano nel paese furono mandati a Cabar. Ci dissero che ci avrebbero protetto dai ‘banditi comunisti partigiani’. Figuratevi quale protezione: prima di tutto hanno distrutto e incendiato tutto, poi rubato il bestiame e tutti i beni mobili e ci hanno cacciati in un campo nel quale per la fame e le impossibili condizioni di vita in pochi mesi solo del mio paese sono morte 35 persone. Dal paese vicino (Sokoli) dei 149 abitanti nel campo di Rab nello stesso tempo sono morte 55 persone. Lo stesso è successo per gli altri villaggi”.

Il numero degli abitanti di quella zona passo in cinque mesi da 12263 a 6718 persone. Le terribili condizioni di vita venivano evidenziate in tutte le testimonianze dei sopravvissuti, le fucilazioni e le angherie degli sgherri del regime fascista furono improntate al disprezzo razzista delle popolazioni di quei luoghi: “Qui muoiono i bambini e i vecchi, possiamo appena reggerci in piedi, per mancanza di cibo”, si legge in una testimonianza del lager di Gonars. In tutte le lettere rinvenute nella Prefettura, Commissione provinciale di censura di Udine il tema della morte per fame soprattutto dei bambini è sempre presente: “ci affligge innanzitutto la fame e il freddo. Siamo vestite insufficientemente. Se avessi saputo ciò che mi attendeva, avrei ucciso prima i bambini e poi mi sarei soppressa io stessa, poiché non è possibile sopportare ciò che sopportiamo ora”. Morte, che sopravveniva per le terribili condizioni in cui erano costretti a vivere. Per essere deportati bastava essere sospettati di essere imparentati a qualche partigiano, ma anche per i disegni di pulizia etnica perpetrati dai fascisti per cercare di debellare le basi logistiche della guerriglia.

Testimonianza di Marija Poje, sopravvissuta del campo di Gonars: “A me poi è morto questo bambino appena nato, mi è morto questo bambino dalla fame, dal freddo. E quando questo è morto questo esserino era solo una sembianza di bambino. Era magro, solo ossicini, era come un coniglietto. Due giorni di agonia prima di chiudere gli occhi. E proprio quel giorno per la prima volta gli avevano dato in quei piccoli recipienti che avevano per il caffè un po’ di latte freddo. Ho avuto il latte per la prima volta quando era morto. Poi l’hanno portato via ed ero così malridotta che non ho potuto accompagnarlo neanche fino alla porta della baracca. E sono rimasta là. E ancora adesso ho questo desiderio spaventoso, il desiderio di quella volta. Il ricordo dei giorni terribili che ho desiderato che morisse prima di me. Vivevamo e soffrivamo e io non ho potuto andare là. Non sapevo neanche dove fosse sepolto, comunque non ci avrebbero lasciato andare.” (pag. 157).

Fame causata anche dalle incapacità e dalla corruzione degli ufficiali, che aggravava, nella generale confusione, la vita già pessima degli internati (si pensi alla distribuzione dei pacchi di viveri spediti dalle famiglie degli internati, che spesso arrivavano guasti per l’attesa o non arrivavano per una serie di profittatori e di corrotti che prendevano in mano le consegne). Del resto, la Direzione Generale servizi di commissariato militare del Ministero della Guerra aveva così ordinato di diminuire la razione ai prigionieri politici: “Agli internati politici appartenenti a popolazioni ribelli deve essere somministrata la razione viveri prevista dalla circolare 2064/2595 in data 23/02/1942 per i prigionieri di guerra non impiegati in lavori manuali, con le seguenti varianti: pane gr. 150 invece di gr. 200; carne gr. 100 invece di gr. 120; legumi gr. 20 invece di gr. 30. La razione di 10 gr. di formaggio da raspa deve essere soppressa”: quindi i vertici del regime fascista decisero una vera e propria strategia della fame. I “repressivi”, ovvero i detenuti politici, erano perlopiù uomini, donne e bambini o familiari, sottoposti alla razioni minime e alle diminuzioni ulteriori previste dal Ministero. Le testimonianze infatti sono raccapriccianti: si nascondevano i morti pur di ricevere una razione in più, defunti che venivano scoperti poi quando all’appello non rispondevano. Del resto, come scriveva in un appunto a mano il Comandante dell’XI Corpo d’Armata Generale Gambara “Logico ed opportuno che campo di concentramento non significhi campo di ingrassamento. Individuo malato = individuo che sta tranquillo”. In più di scarsa igiene, di malattie come la dissenteria si moriva in questi lager italiani: i continui trasferimenti da un posto all’altro determinavano inoltre la diffusione delle malattie infettive. Il tifo poteva passare dai lager ai soldati di sorveglianza sino alle popolazioni circostanti.

Molti degli internati furono impiegati nel lavoro forzato, per sostenere i costi del sistema concentrazionario e l’economia italiana provata dalla guerra: lavori che potevano essere interni al lager, in veri e propri campi di lavoro o in ditte private agricole, artigianali, industriali o familiari; lavorare assicurava però delle razioni alimentari più elevate, e, presi dalla fame, molti accettavano.

Da sottolineare il vergognoso collaborazionismo della Chiesa cattolica, preoccupata soltanto dalla propaganda comunista all’interno dei campi, minimizzando, come fece il nunzio apostolico in Italia, monsignor Borgoncini-Duca nella relazione al cardinal Maglione sullo stato degli Sloveni internati in Italia, le privazioni di cibo e di alloggio.

Questo breve articolo, breve per l’importanza dei fatti narrati, vuole essere soltanto uno spunto di riflessione sul contesto che portò alla vicenda delle foibe. Ma vuole essere anche un atto di denuncia verso le autorità italiane e il revisionismo storico neofascista: autorità che negarono, che difesero i peggiori criminali, che oltraggiarono nelle memorie difensive le stesse popolazioni che avevano perseguitato, che fecero passare i carnefici per vittime, perpetrando lo stereotipo del fascismo di confine e del Risorgimento dello slavo inteso come barbaro. Il testo della Kersevan, ricco di dettagli e di documenti di cui si è riportato una minima parte, restituisce dignità al lavoro dello storico ed è un atto di giustizia e di denuncia dei crimini, vergognosamente occultati, del Fascismo italiano.

A. KERSEVAN, “Lager italiani, pulizia etnica e campi di concentramento fascisti per civili jugoslavi 1941 – 1943”, Nutrimenti, Roma 2008.

mercoledì 28 gennaio 2009

Il golpe è una scienza esatta!!!

Quello che sta accadendo in questi mesi, conferma ormai che la democrazia in Italia è definitivamente al capolinea. Da qualsiasi punto di vista si analizza la situazione del Paese, qualsiasi indicatore si voglia utilizzare, il risultato conferma il tentativo di chiudere con il passato, inteso come assetto costituzionale che nel bene e nel male ha garantito, dopo la Resistenza e il sangue versato dai partigiani, un lungo periodo nel quale opinioni diverse si sono potute comunque confrontare, corpi intermedi e associazioni organizzare, partiti diventare organismi di massa. Ora, tutto questo, frutto di terribili lotte sia nel periodo fascista che nel dopoguerra sta definitivamente per essere consegnato alla memoria storica (ammesso che, nel periodo orwelliano che viviamo ne rimarrà una). Ma cosa sta accadendo in particolare? Da trenta anni circa, dopo l'assassinio di Moro, è un susseguirsi di eventi che hanno svuotato sempre di più la partecipazione democratica nel Paese, coincidendo con la crisi del Partito Comunista e il suo superamento, con la involuzione dei partiti stessi da partiti di massa a partiti pigliatutto, con la realizzazione di un piano criminale scoperto ormai nel lontano 1981, il Piano della Loggia massonica eversiva P2, che aveva inquinato lo Stato e infiltrato i suoi uomini nelle stanze del potere. La loggia venne sciolta per legge, i suoi uomini, presenti in Parlamento, nell'imprenditoria, nell'esercito e nelle forze dell'ordine, nella Magistratura e nell'editoria, in una parola in tutti i gangli vitali, rimasero al loro posto, anzi, uno per tutti, Silvio Berlusconi, (tessera n. 1816) è addirittura diventato Presidente del Consiglio. Ma quale era il programma di questi golpisti in doppiopetto e perchè mai proprio oggi il loro "Venerabile Maestro" Licio Gelli appare tanto in TV e fa tante allusioni al suo vecchio programma? Come mai da tempo elogia l'attuale Presidente del Consiglio che considera come suo erede? Semplicemente, perchè ne sta realizzndo il piano. Analizziamo alcuni punti del "Piano di Rinascita democratica", come venne scritto allora e vediamo se alcune situazioni risultano legate all'attualità: il progetto presentava delle chicche, tra cui quella di "chiudere il rubinetto del preteso automatismo: titolo di studio - posto di lavoro" (e qui il piano è stato compiuto alla perfezione!!). Ma andiamo oltre:
il Piano prevedeva la nascita di due partiti "uno, sulla sinistra (a cavallo fra PSI-PSDI-PRI-Liberali di sinistra e DC di sinistra), e l'altra sulla destra (a cavallo fra DC conservatori, liberali e democratici della Destra Nazionale)". Questo assetto istituzionale è stato perseguito da un piduista, appunto Silvio Berlusconi, e dai suoi complici del Partito Democratico (ormai, nonostante il disprezzo con il quale Gelli li considera, sono del tutto funzionali al disegno). Del resto, Walter Veltroni ha partecipato, come sostiene Wikipedia, al famigerato Gruppo Bilderberg, una sorta di conferenza annuale di potenti e di banchieri che non pubblica mai il resoconto delle proprie discussioni (nella pagina del sito Wikipedia sono presenti anche altri nomi eccellenti, tra i quali quello di Tremonti), ma che ha una impostazione fortemente atlantista e filoamericana , come la stessa Loggia P2.
E come non vedere nello stesso PdL di centrodestra il partito formato da club "di natura rotariana", nel quale "siano rappresentati ai migliori livelli operatori, imprenditoriali e finanziari, esponenti delle professioni liberali, pubblici amministratori e magistrati nonchè pochissimi e selezionati uomini politici".
Ma il Piano prevedeva anche il controllo dei media: dopo l'occupazione dei giornali (all'epoca non solo parecchi giornalisti facevano parte della Loggia, ma ci fu una vera e propria conquista del Corriere della Sera, con il piduista Franco Di Bella che ne divenne direttore), la parte più inquietante è il passaggio sull'emittenza televisiva: si prevedeva la liberalizzazione delle emittenti (all'epoca permesse solo a livello regionale) allo scopo di controllarle, e in questo modo influenzare l'opinione pubblica. E cosa è successo? Che il piduista Berlusconi è diventato padrone incontrastato della TV commerciale (aiutato in questo dalle magistrali operazioni di Bettino Craxi e garantito dalla famosa Legge Mammì sul sistema radiotelevisivo) e, grazie al peso politico che ha acquistato nel Paese, influenza in maniera incontrastata la TV pubblica (per non parlare del resto dell'editoria).
Ma manca ancora un pezzo importante per terminare: si sà, il "golpe è una scienza esatta", non va mai lasciata al caso. La Magistratura infatti sconterebbe la divisione tra ruolo del Pubblico Ministero e del Magistrato con annessa responsabilità del CSM nei confronti del Parlamento. Tema nell'agenda politica dalla fine della Prima Repubblica e tuttora attuale. Si osserva che introdurre la responsabilità del CSM nei confronti del parlamento sarebbe tecnicamente una subordinazione del potere giudiziario al potere legislativo, venendo meno la liberale separazione dei poteri. In effetti, il Guardasigilli Alfano invoca in queste ore una grande riforma costituzionale della Giustizia, sia per quanto riguarda le intercettazioni (addio indagini su parecchi reati, tra cui lo stupro) sia per l'assetto del Terzo Potere dello Stato. Insomma la grande riforma, per la quale il PD già manifesta sconcertante disponibilità, verrà direttamente adattata e attualizzata partendo dal programma di Gelli. Il Piano inoltre, presenta un progetto di riforma del Parlamento e del Governo per disegnare una repubblica autoritaria, maggioritaria, con soglie si sbarramento e penalizzazione delle forze politiche minori: insomma, la polpetta avvelenata che Veltroni ci vuole propinare per le europee, tanto per sterminare i partiti minori e per contribuire alla realizzazione del piano del suo "Maestro". Riforma elettorale che tenterà di bloccare l'emorragia di consensi del PD, riforme della Giustizia che permetteranno di bloccare le indagini e i processi che vedono coinvolto il Presidente del Consiglio e i suoi sodali democratici (si vedano le imbarazzanti situazioni della Campania, di Firenze, di Genova, dell'Abruzzo - mi scusino i lettori se ne dimentico qualcuna, tanti sono ormai gli episodi di commistione tra politica e affari che coinvolgono amministratori del PD). Tutto questo, oltre che a rappresentare un indecente "mercato delle vacche" a scapito della democrazia, è il coronamento di un progetto di un fascista mai pentito, arnese della reazione, pericolo per democrazia: non so a quale grado di rincoglionimento siano arrivati i militonti e gli elettori piddini, ma spero che un barlume di intelligenza, un risveglio della propria difettosa memoria, porti questa gente a rifiutare il funerale della Repubblica antifascista nata dalla Resistenza. Noi comunisti, pur con tutti i limiti che abbiamo, ci proveremo!!!

lunedì 26 gennaio 2009

27 gennaio 1945: l'Armata Rossa entra nel lager di Auschwitz

La legge 211/2000 istituisce il 27 gennaio "Giornata della Memoria", ricordando il 27 gennaio 1945, quando l'Armata Rossa entrò nel campo di concentramento simbolo dell'Olocausto, con lo scopo di non dimenticare lo sterminio pianificato dai criminali nazifascisti dei gruppi etnici dei Rom e dei Sinti, dei diversamente abili, degli Ebrei, dei comunisti, degli antifascisti, degli omosessuali, dei Testimoni di Geova e delle popolazioni slave. Per questo genocidio furono usate le tristemente note camere a gas, dove si veniva asfissiati o con monossido di carbonio o con il famigerato Zyklon B. Furono inoltre effettuati esperimenti sui prigionieri, ridotti gli stessi a schiavi per la produzione tedesca: i corpi dei defunti venivano bruciati nei forni crematori con l'ausilio degli stessi internati nel campo. Questi eventi furono accompagnati da uno dei più grandi furti della storia: non soddisfatti dello sfruttamento dei loro prigionieri, ne rubavano i denti d'oro, gli occhiali e qualsiasi effetto personale. Con la complicità dei banchieri e dei capitalisti tedeschi e non solo, questo oro veniva deposistato nelle banche, costituendo la fortuna e la ricchezza dei criminali gerarchi nazisti. Senza dimenticare i milioni di morti che la guerra scatenata dalle belve naziste e fasciste comportò per tutte le nazioni, la violazione di tutti i trattati e le convenzioni internazionali, riconoscendo l'apporto fondamentale alla liberazione da questo incubo da parte della valorosa resistenza opposta dall'Unione Sovietica, degli enormi sacrifici sopportati dall'esercito americano in Europa, della fortissima guerriglia partigiana di Tito nelle ex Jugoslavia, del coraggio dei partigiani italiani.
Ma la verità storica è sotto attacco proprio in questo paese: una destra eversiva infatti governa l'Italia e non passa giorno che non si tenti riabilitare i genocidi fascisti. Non ultima, la vergognosa proposta di legge 1360, che equipara i partigiani ai repubblichini, cioè gli antifascisti ai collaborazionisti dello sterminio: un vero e proprio attentato alla Costituzione e alla Repubblica, favorito dalle attuali cariche istituzionali (tra le quali l'ex-missino Ministro della Difesa La Russa, che nell'occasione del 2 giugno 2008 a ricordato i caduti fascisti, come se questi traditori assassini fossero stati fedeli a una qualche idea di Patria). A questo aggiungiamo il silenzio assordante del Partito Democratico, timido nel difendere i valori fondanti della Repubblica nel nome di una pacificazione che fa soltanto il gioco della destra, l'affermazione di gruppi neofascisti, la xenofobia alimentata dalle forze del Governo e dai media complici, le campagne securitarie promosse anche dal PD, i roghi dei campi nomadi, le aggressioni e i morti dovuti ai nuovi squadristi. Il Fascismo insomma è tutto fuorchè debellato, se ne sente forte il fetore nell'aria.
Per concludere riporto i versi dell'inizio dell'opera di un perseguitato, di un reduce di Auschwitz, di un grande uomo, di un maestro:
"Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi"
Alla memoria dell'indimenticato Primo Levi, autore di Se questo è un uomo (da cui questi versi sono tratti).



mercoledì 21 gennaio 2009

21 gennaio 1921, nasce il Partito Comunista d'Italia.

Ottantotto anni fa nasceva, da una scissione del Partito Socialista, il Partito Comunista d'Italia, guidato da Amadeo Bordiga e dall'intellettuale martire del Fascismo, Antonio Gramsci, sulla scorta dei 21 punti elaborati da Lenin a Mosca: un partito rivoluzionario e leninista, che dovette affrontare terribili prove durante il Fascismo, partito che diventa clandestino e anima della Resistenza. Pubblico volentieri qui accanto quattro video, le voci dei dirigenti comunisti, presenti su youtube: insomma ascoltiamo la storia da chi ne fu orgogliosamente protagonista.

venerdì 16 gennaio 2009

Il Capitalismo neoliberista uccide (La carestia di cui non vi parleranno)

Uno studio dell'Università di Oxford, pubblicato dalla prestigiosa rivista medica internazionale Lancet, ha analizzato le conseguenze delle privatizzazioni imposte ai vecchi paesi che facevano parte dell'URSS (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche). Il risultato ottentuto da David Stuckler e altri studiosi è impressionante: le riforme capitaliste, le privatizzazioni, hanno determinato la morte di almeno un milione di persone (di maschi in età lavorativa). Ciò perchè vi fu un aumento del tasso di mortalità del 12,8%, legato all'incremento della disoccupazione provocata dalle politiche neoliberiste, quando venne abbandonato il sistema sovietico e adottato il sistema capitalista occidentale. Il risultato delle riforme fu un aumento della disoccupazione nel periodo 1991 - 1994 del 56% circa, un vero e proprio massacro sociale: furono maggiormente colpite le repubbliche di Russia, Kazakistan, Estonia, Lettonia, Lituania che ebbero una mortalità maschile triplicata. Gli studiosi hanno osservato che più veloci e totali furono le dismissioni dello Stato, più aumentava la mortalità (i due fenomeni sembrano insomma correlati). Ricordiamo alcuni diritti di cui i cittadini dell'ex-URSS furono privati in nome della cosiddetta democrazia occidentale e dell'efficentissimo sistema capitalista (efficente per pochi, banchieri e capitalisti e gangster, un pò meno generoso, per non dire peggio, per il resto della popolazione): il diritto al lavoro, che portava con sè il diritto alla casa e l'assistenza sanitaria pubblica. Allo sterminio economico si salvarono coloro che vivevano in paesi con strutture famigliari più coese. Ovvamente, l'Università di Oxford si guarda bene del mettere sotto accusa il sistema capitalista, imputando il tutto a una sconsiderata velocità nell'applicazione del sistema occidentale a dei paesi sostanzialmente non preparati ad una simile terapia d'urto.
Ma vediamo chi furono gli artefici del disastro in quei paesi in quel periodo: dopo la disastrosa esperienza di Gorbaciov, che di fatto liquidò il sistema comunista (lo storico Canfora sostiene che si trattò di vero e proprio tradimento del suo paese), l'occidente appoggiò l'alcolizzato presidente El'Cin (o Eltsin), che portò l'economia russa al fallimento (con l'applauso dei liberisti di tutto il mondo) consegnandola nelle mani della criminalità organizzata. Di lui si ricorda, mentre la Russia finiva nell'abisso scatenando molte proteste, il vergognoso bombardamento della Duma (ottobre 1993), ovvero il Parlamento, che era appoggiata da una parte consistente della popolazione stremata dalle "riforme" economiche di Eltsin e della sua banda di consiglieri filo-occidentali. Per fortuna, la sua presidenza terminò il 31 dicembre 1999 con la successione di Vladimir Putin.

martedì 13 gennaio 2009

"Stalin, Storia e critica di una leggenda nera" di D. Losurdo.

Finalmente, nel periodo in cui va di moda sparare a zero sui comunisti, sulla Resistenza, sulla storia dell'URSS, senza neanche curarsi se è vero o meno ciò che si afferma, un libro, scritto dall'insigne Professore Domenico Losurdo, apre uno spunto di riflessione sulla figura più controversa e demonizzata della storia del movimento operaio: il rivoluzionario giorgiano Iosif Vissarionovič Džugašvili, meglio conosciuto come Stalin. Un nome, che è ormai sinonimo di gulag, tirannia, deportazioni: insomma una spietato e sanguinario dittatore, temuto e amato in vita quanto osteggiato e deriso dopo la morte.
Il libro di Losurdo, cercando di andare oltre le banalizzazioni della propaganda, ricostruisce storicamente sia la vicenda staliniana che l'immagine dell' "uomo di acciaio" nel corso della storia stessa. Subito dopo la sua morte, infatti, vero e ammirato era il cordoglio generale. Tanto ammirato che l'autore riporta una dichiarazione di Alcide De Gasperi (che ne aveva riconosciuto le doti di grande organizzatore militare), non sospettabile di simpatie comuniste, che testualmente affermava : "Quando vedo che mentre Hitler e Mussolini perseguitavano gli uomini per la loro razza, e inventavano quella spaventosa legislazione antiebraica che conosciamo, e vedo contemporaneamente i russi composti di 160 razze cercare la fusione di queste razze superando le diversità esistenti tra l'Asia e l'Europa, questo tentativo, questo sforzo verso l'unificazione del consorzio umano, lasciatemi dire: questo è cristiano, questo è eminentemente universalistico nel senso del Cattolicismo" (pag. 13) . Ammirazione che fu condivisa da politici come Winston Churchill, Averell Harrimann (ambasciatore USA a Mosca 1945 - 46) e persino da intellettuali quali Norberto Bobbio, Benedetto Croce e Hannah Arendt (che poi cambiò radicalmente il proprio punto di vista).
Questa visione positiva, apologetica, subisce una inversione in un momento preciso della storia: in piena guerra fredda, il discorso pronunciato da Nikita Sergeevič Chruščёv il 25 febbraio 1956 in occasione del XX Congresso del PCUS, il famoso Rapporto, che dipinse Stalin come un dittatore sanguinario, vanitoso e mediocre dal punto di vista intellettuale: un ritratto falsato che consentiva al gruppo dirigente di accreditarsi come "unico depositario della legittimità rivoluzionaria" (pag. 17). Le accuse nei confronti del Segretario comunista furono rafforzate dalla propaganda del suo rivale sconfitto e degli intellettuali che a questi si rifacevano, cioè Trockij. Tutte i rimproveri a Stalin consentivano inoltre di non affrontare alcuni nodi dell'evoluzione storica, che di certo non rispondevano ad una rigida e ingessata lettura dei testi di Marx e di Lenin, poichè, per esempio, vi furono il rafforzamento dello Stato invece della sua estinzione, la forza delle identità nazionali (ben analizzata da Stalin stesso) si affermò a discapito di una visione semplificata dell'internazionalismo: la lettura interessata del XX Congresso consentiva di addossare tutte le contraddizioni all'opera infausta del dittatore scomparso. Il libro fa giustizia di alcune affermazioni ridicole della propaganda anticomunista, riporta la discussione sul piano storico (complesso è l'innesto della Rivoluzione nella storia della Russia pre-sovietica e della Prima Guerra Mondiale) confuta alcuni passi del discorso di Chruščёv e alcune leggende sui primi giorni dell'operazione Barbarossa (si è affermato che Stalin si fosse quasi ritirato dalle proprie responsabilità perchè colpito personalmente dal tradimento dei tedeschi, in realtà da documenti e testimonianze emerge l'esatto contrario). Sulle altre tragedie, tra cui i gulag e la collettivizzazione forzata delle campagne con la creazione di un imponente apparato industriale, si considera il clima di guerra e di emergenza che la Rivoluzione sovietica fin dagli inizi, dai tentativi di colpo di Stato, alle invasioni delle truppe bianche, si trova ad affrontare, con la necessità di sviluppare la nazione anche per poterla meglio difendere dagli attacchi. La stessa lotta politica tra Trockij e gli altri bolscevichi scatenata contro Stalin non fu sul semplice piano dialettico, ma portò il paese sull'orlo della guerra civile (a dieci anni dall'ottobre 1917 Trockij stava preparando un vero e proprio colpo di mano): i processi, le epurazioni, il terrore, furono in pratica "giustificati" da Churchill e dagli americani (si pensi all'ambasciatore Davies che affermava l'esistenza dei complotti antistaliniani) e da De Gasperi sulla scorta di informazioni in loro possesso.
Altri fatti vengono analizzati nel testo, che colloca la vicenda nel contesto della storia russa e del movimento operaio: non si tratta di un libro revisionista, sarebbe deluso chi si aspetta di trovare la negazione di alcuni tristi episodi. E' un saggio problematico, scritto da uno storico che compara situazioni coeve a queste vicende (ci sono pagine interessanti anche sulle vicende del colonialismo e dello schiavismo occidentale, sui campi di concentramento e sulle stragi compiute dai predecessori degli apologeti del libero mercato, pagine di storia dimenticate dai soloni della "democrazia", come lo sterminio dei comunisti in Indonesia dopo il golpe di Suharto del 1965, appoggiato dagli americani), che demolisce una volta per tutte la più infamante accusa mossa nei confronti di Stalin, quella di essere più o meno simile ad Hitler e al suo regime nazista.
Si trovano anche delle notizie sui gulag che fanno sobbalzare dalla sedia, una analisi della carestia ucraina e viene trattato il rapporto di Stalin con l'Ebraismo (viene confutata l'accusa rivolta da più parti che il Segretario del PCUS fosse un antisemita) : non da ultimo, una serie di interrogativi posti anche dalla storiografia di "destra" (per esempio il francese F. Furet) sul legame tra violenza e rivoluzione (Giacobini e Termidoriani della Rivoluzione francese) e su alcuni aspetti del marxismo stesso.
Il libro si chiude con un saggio di Canfora che fa alcune interessanti considerazioni sulla caduta dell'URSS e dei paesi ad essa legati, una analisi che chi si cimenta con la storia del comunismo e una sua eventuale riproposizione futura non può che non considerare (dove si accenna ad un vero e proprio tradimento dell'ultimo Segretario del PCUS, Michail Sergeevič Gorbačëv).
Il testo, per chiunque volesse approfondire le vicende in questione, è corredato da molte note e in fondo è presente una ricca bibliografia.

D. LOSURDO, "Stalin. Storia e critica di una leggenda nera", Carocci Editore, Roma 2008.

domenica 11 gennaio 2009

La furia sacrificale di Israele e le sue vittime a Gaza (di Ilan Pappe*)

Ricevo questo articolo e volentieri lo posto qui....

"La mia visita di ritorno a casa in Galilea è coincisa con l’attacco genocida israeliano contro Gaza. Lo stato, attraverso i suoi media e con l’aiuto del mondo accademico, ha diffuso una voce unanime - persino più forte di quella udita durante l’attacco criminale contro il Libano nell’estate del 2006. Israele è ancora una volta divorata da una furia sacrificale che traduce in politiche distruttive nella Striscia di Gaza.

Questa autogiustificazione spaventosa per l’inumanità e l’impunità non è soltanto sconcertante, ma è un argomento sul quale soffermarsi se si vuole comprendere l’immunità internazionale per il massacro che infuria a Gaza. E’ anzitutto fondata su bugie pure e semplici trasmesse con una neolingua che ricorda i giorni più bui dell’Europa del 1930. Ogni mezz’ora un bollettino d’informazioni su radio e televisione descrive le vittime di Gaza come terroristi e le uccisioni di centinaia di persone come un atto di autodifesa. Israele presenta sé stessa al suo popolo come la vittima sacrificale che si difende contro un grande demonio.

Il mondo accademico è reclutato per spiegare quanto demoniaca e mostruosa è la lotta palestinese, se è condotta da Hamas. Questi sono gli stessi studiosi che demonizzarono l’ultimo leader palestinese Yasser Arafat nel primo periodo e delegittimarono il suo movimento Fatah durante la seconda intifada palestinese. Ma le bugie e le rappresentazioni distorte non sono la parte peggiore di tutto questo.

Quello che indigna di più è l’attacco diretto alle ultime tracce di umanità e dignità del popolo palestinese. I palestinesi di Israele hanno mostrato la loro solidarietà con il popolo di Gaza e ora sono bollati come una quinta colonna nello stato ebraico; il loro diritto a restare nella loro patria viene rimesso in dubbio data la loro mancanza di sostegno all’aggressione israeliana.

Coloro che hanno accettato - sbagliando, secondo la mia opinione, di apparire nei media locali sono interrogati e non intervistati, come se fossero detenuti nelle prigioni dello Shin Bet. La loro apparizione è preceduta e seguita da umilianti rilievi razzisti e sono sottoposti all’accusa di essere una quinta colonna, un popolo fanatico e irrazionale. E ancora questa non è la pratica più vile. Ci sono alcuni bambini palestinesi dei Territori Occupati curati per cancro negli ospedali israeliani. Dio sa quale prezzo devono pagare le loro famiglie per poterli ricoverare. La radio israeliana va ogni giorno negli ospedali per chiedere ai poveri genitori di dire agli ascoltatori israeliani quanto è nel suo diritto Israele nel suo attacco e quanto demoniaco sia Hamas nella sua difesa.

Non ci sono confini all’ipocrisia che una furia sacrificale produce. I discorsi dei generali e dei politici si muovono in modo erratico tra gli autocompiacimenti da un lato sull’umanità che l’esercito mostra nelle sue operazioni “chirurgiche” e dall’altro sulla necessità di distruggere Gaza una volta per tutte, naturalmente in un modo umano. Questa furia sacrificale è un fenomeno costante nella espropriazione israeliana, e prima ancora sionista, della Palestina. Ogni azione, sia essa la pulizia etnica, l’occupazione, il massacro o la distruzione è stata sempre rappresentata come moralmente giusta e come semplice atto di autodifesa commesso da Israele suo malgrado nella guerra contro la peggior specie di esseri umani. Nel suo eccellente volume “I risultati del sionismo: miti, politiche e cultura in Israele”, Gabi Piterberg esamina le origini ideologiche e la progressione storica di questa furia. sacrificale.

Oggi in Israele, dalla destra alla sinistra, dal Likud a Kadima, dall’accademia ai media, si può ascoltare questa furia sacrificale di uno stato che è molto più indaffarato di qualsiasi altro stato al mondo nel distruggere e nell’espropriare una popolazione nativa. E’ molto importante esaminare le origini ideologiche di questo modo di comportarsi e derivare, dalla sua larga diffusione, le conclusioni politiche necessarie. Questa furia sacrificale costituisce uno scudo per la società e per i politici in Israele da ogni biasimo o critica esterna. Ma ancora peggio, si traduce sempre in politiche di distruzione contro i palestinesi. Senza nessun meccanismo interno di critica e senza nessuna pressione esterna, ogni palestinese diventa un obiettivo potenziale di questa furia. Data la potenza di fuoco dello stato ebraico può soltanto finire in più massicce uccisioni, massacri e pulizia etnica.

L’assenza di una qualsiasi moralità è un potente atto di auto-negazione e di giustificazione. Ciò spiega perché la società israeliana non può essere modificata da parole di saggezza, di persuasione logica o di dialogo diplomatico.

E se non si vuole usare la violenza come mezzo di opposizione, c’è soltanto un modo per andare avanti: sfidare frontalmente questa assenza di moralità come una ideologia diabolica tesa a nascondere atrocità umane. Un altro nome per questa ideologia è Sionismo e l’unico modo di contrastare questa assenza di moralità è il biasimo a livello internazionale del sionismo, non solo di particolari politiche israeliane.

Dobbiamo cercare di spiegare non solo al mondo, ma anche agli stessi israeliani che il sionismo è un’ideologia che comporta la pulizia etnica, l’occupazione e ora massicci massacri.

Ciò che occorre ora non è tanto una condanna del presente massacro. ma anche la delegittimazione dell’ideologia che ha prodotto tale politica e la giustifica moralmente e politicamente. Speriamo che importanti voci nel mondo possano dire allo stato ebraico che questa ideologia e il comportamento complessivo dello stato sono intollerabili e inaccettabili e che, sino a quando persisteranno, Israele sarà boicottato e soggetto a sanzioni. Ma non sono ingenuo. So che anche il massacro di centinaia di innocenti palestinesi non sarà sufficiente per produrre questa modificazione nella pubblica opinione occidentale; è anche più improbabile che i crimini commessi a Gaza muovano i governo europei a mutare la loro politica nei confronti della Palestina.

Ma noi non possiamo permettere che il 2009 sia un altro anno, meno significativo del 2008, l’anno di commemorazione della Nakba, che non sia riuscito a realizzare le grandi speranze che noi tutti avevamo, per la sua potenzialità, di trasformare il comportamento del mondo occidentale verso la Palestina e i palestinesi. Pare che persino il più orrendo dei crimini, come il genocidio a Gaza, sia trattato come un evento separato, non connesso con nulla di ciò che è già avvenuto nel passato e non associato ad una ideologia o a un sistema.

In questo nuovo anno, noi dobbiamo tentare di riposizionare l’opinione pubblica nei confronti della storia della Palestina e dei mali dell’ideologia sionista come i mezzi migliori sia per spiegare le operazioni genocide come quella in corso a Gaza sia per prevenire cose peggiori nel futuro.

Questo è già stato fatto, a livello accademico. La nostra sfida maggiore è quella di trovare un modo efficace di spiegare le connessioni tra l’ideologia sionista e le politiche di distruzione del passato con la crisi presente. Può essere più facile farlo mentre, in queste terribili circostanze, l’attenzione mondiale è diretta ancora una volta verso la Palestina.

Potrebbe essere ancora più difficile quando la situazione sembra essere “più calma” e meno drammatica.

Nei momenti “di quiete”, l’attenzione di breve durata dei media occidentali metterebbe ai margini ancora una volta la tragedia palestinese e la dimenticherebbe sia per gli orribili genocidi in Africa o per la crisi economica e per gli scenari ecologici apocalittici nel resto del mondo.

Mentre i media occidentali non sembrano molto interessati alla dimensione storica, soltanto attraverso una valutazione storica si può mostrare la dimensione dei crimini commessi contro i palestinesi nei sessanta anni trascorsi. Perciò il ruolo degli studiosi attivisti e dei media alternativi sta proprio nell’insistere su questi contesti storici. Questi attori non dovrebbero smettere di educare l’opinione pubblica e, si spera, di influenzare qualche politico più onesto a guardare ai fatti in una prospettiva storica più ampia.

Allo stesso modo, noi possiamo essere in grado di trovare un modo più adeguato alla gente comune, distinto dal livello accademico degli intellettuali, per spiegare chiaramente che la politica di Israele - nei sessanta anni trascorsi - deriva da un’ideologia egemonica razzista chiamata sionismo, difesa da infiniti strati di furia sacrificale.

Nonostante l’accusa scontata di antisemitismo e cose del genere, è tempo di mettere in relazione nell’opinione pubblica l’ideologia sionista con il punto di riferimento storico e ormai familiare della terra: la pulizia etnica del 1948, l’oppressione dei palestinesi in Israele durante i giorni del governo militare, la brutale occupazione della Cisgiordania e ora il massacro di Gaza. Come l’ideologia dell’apartheid ha spiegato benissimo le politiche di oppressione del governo del Sud-Africa, questa ideologia – nella sua variante più semplicistica e riflessa, ha permesso a tutti i governi israeliani, nel passato e nel presente, di disumanizzare i palestinesi ovunque essi fossero e di combattere per distruggerli.

I mezzi sono mutati da un periodo all’altro, da un luogo all’altro, come ha fatto la narrazione che ha nascosto queste atrocità. Ma c’è un disegno chiaro che non può essere solo fatto oggetto di discussione nelle torri d’avorio accademiche, ma deve diventare parte del discorso politico nella realtà contemporanea della Palestina di oggi. Alcuni di noi, in particolare quelli che si dedicano alla giustizia e alla pace in Palestina, inconsciamente evitano questo dibattito, concentrandosi, e questo è comprensibile, sui Territori Palestinesi Occupati (OPT) - la Cisgiordania e la Striscia di Gaza. Lottare contro le politiche criminali è una missione urgente.

Ma questo non dovrebbe trasmettere il messaggio che le potenze occidentali hanno adottato volentieri su suggerimento israeliano, che la Palestina è soltanto la cisgiordania e la Striscia di Gaza e che i palestinesi sono solo la popolazione che vive in quei territori. Dovremmo estendere la rappresentazione della Palestina geograficamente e demograficamente raccontando la narrazione storica dei fatti dal 1948 in poi e richiedere diritti civili e umani eguali per tutte le persone che vivono, o che erano abituati a vivere, in quella che oggi è Israele e i Territori Occupati.

Ponendo in relazione l’ideologia sionista e le politiche del passato con le atrocità del presente, noi saremo in grado di dare una spiegazione chiara e logica per la campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni. Sfidare con mezzi non violenti uno stato ideologico che si autogiustifica moralmente, che si permette, con l’aiuto di un mondo silenzioso, di espropriare e distruggere la popolazione nativa di Palestina, è una causa giusta e morale.

E’ anche un modo efficace di stimolare l’opinione pubblica non soltanto contro le attuali politiche genocidarie a Gaza, ma, si spera, anche a prevenire future atrocità. Ancora più importante di ogni altra cosa ciò dovrebbe far sfiatare la furia sacrificale che soffoca i palestinesi ogni volta che si gonfia. Ciò aiuterà a porre fine alla immunità dell’occidente a fronte dell’impunità di Israele. Senza questa immunità, si spera che sempre più la gente in Israele cominci a vedere la natura reale dei crimini commessi in loro nome e la loro furia potrebbe essere diretta contro coloro che hanno intrappolato loro e i palestinesi in questo ciclo non necessario di massacri e violenza."

*Ilan Pappe (http://ilanpappe.com http://electronicintifada.net) insegna nel Dipartimento di storia dell’Università di Exeter, Inghilterra

giovedì 8 gennaio 2009

Contro la vergognosa equiparazione tra partigiani e repubblichini, per difendere la Costituzione

Nell'epoca infinita del regno di Berlusconi, ne abbiamo viste tante che ormai non fa più notizia nulla. Dalla definizione di Mangano, mafioso omicida che ha lavorato nella villa del Cavaliere, come "eroe", al continuo attacco alla Magistratura, sottoposta ad un incessante tiro al bersaglio, alla stima espressa da Dell'Utri per Mussolini, fino alla riapparizione del Maestro Venerabile della Loggia massonica eversiva P2, Licio Gelli, fascista mai pentito, che designa come erede proprio l'attuale Presidente del Consiglio. Il tutto con lo scopo ormai palese e dichiarato di modificare in senso plebiscitario e autoritario la Costituzione della Repubblica nata dopo la guerra di liberazione dal nazifascismo. Per poter delegittimare la Carta, in maniera continua si lavora a minarne sia la legittimazione storica (attaccando senza pudore la Resistenza e le forze che hanno dato vita all'Assemblea Costituente, il noto "Arco costituzionale", riabilitando la storia del Fascismo allo stesso tempo) sia le istituzioni (appunto delegittimando il Terzo Potere dello Stato, la Magistratura, con una continua e mistificatoria campagna sui media, per arrivare alla separazione delle carriere tra Magistratura inquirente e Magistratura giudicante già auspicata da Licio Gelli, con l'idea di sottomettere il Pubblico Ministero all'autorità del Governo, così da avere una giustizia diversa per ricchi e poveri, con i primi ormai impuniti e sicuri e gli altri a regime di "tolleranza zero"). Altro pallino del Presidente piduista è arrivare ad una riforma presidenziale, per poter avere una investitura plebiscitaria e governare senza " intralci" in Parlamento (ormai ridotto alla mera approvazione delle leggi presentate dal Governo il più delle volte con voto di fiducia e usando a dismisura la decretazione d'urgenza; del resto già la legge elettorale fa in modo che sia un Parlamento di notabili nominati dalle segreterie dei partiti, che per essere eletti devono dimostrare solo di essere servili ai capi e ai capetti), delienando una nuova forma di stato e di Governo, nella quale il ricco tycoon potrà spadroneggiare e liberarsi anche dai numerosi processi che lo riguardano. Senza dimenticare una forma più spinta e pasticciata di federalismo fiscale, che vedrà il Mezzogiorno privato da importanti risore economiche e praticamente ridotto alla fame (rendendolo così completamete succube delle varie mafie, che a quel punto ridurranno alcune regioni italiane come il Kossovo e i Balcani). Questi risultati possono essere ottenuti appunto cercando di revisionare la storia nazionale (è un processo che va avanti da anni, favorito anche da esponenti del Partito Democratico, cha ha già agito profondamente sul senso comune), per poter svuotare di senso la nostra Costituzione: una proposta vergognosa che circola in questo Parlamento di nani e ballerine, di ignoranti cialtroni, con una opposizione che può tranquillamente essere accusata di "collaborazionismo" (il PD ormai fa solo finta di opporsi, l'Italia dei Valori fa opposizione settoriale sul tema della Giustizia, non esprimendo ancora una visione politica complessiva), è quella di equiparare, attraverso la creazione dell'Ordine del Tricolore ("ai combattenti che ritennero onorevole la scelta a difesa del regime ferito e languente e aderirono a Salò") e con tanto di assegno vitalizio, i vermi fascisti repubblichini alleati dei nazisti ai partigiani tramite la proposta di disegno di legge n. 1360 presentata dal PdL, nella fattispecie dal deputato socialista Lucio Barani. Ironia della sorte, è un deputato socialista (Nuovo PSI) che si rende responsabile di questo tradimento alla Carta Costituzionale (il Partito che fu del Presidente partigiano Sandro Pertini, il più vecchio partito della sinistra italiana, partito antifascista e operaio, ridotto a brandelli dal degno predecessore di Berlusconi, il ducetto latitante Bettino Craxi). Al di là dello sdegno e dello schifo verso tali persone ed eventi (il Ministro della Difesa La Russa aveva già il 2 giugno del 2008, festa della Repubblica, commemorato i repubblichini di Salò) non sfugga il quadro complessivo di tutte queste vicende: ci troviamo di fronte allo svuotamento e all'attacco finale verso la Costituzione della Repubblica, cosa che non può non allarmare gli antifascisti e i sinceri democratici di questo sventurato Paese.
PS: si legga l'intervista di Repubblica al Presidente emerito della Corte Costituzionale Giuliano Vassalli cliccando qui, che si esprime su questa squallida proposta.

martedì 6 gennaio 2009

Una chicca storica sulle origini di Israele

Nella lettura di un testo interessantissimo su Stalin, su cui tornerò per una vera e propria recensione, essendo un saggio storico che confuta parecchie inesattezze interessate sull' Unione Sovietica, si legge:
"A dar prova di analoga prontezza nel cercare i favori dei nuovi governanti (cioè Hitler e i nazisti) è anche il movimento sionista. L'organo di quest'ultimo, la "Jüdische Rundschau", rimasto sostanzialmente immune dall'ondata di divieti e di persecuzioni che colpisce la stampa tedesca subito dopo l'incendio del Reichstag, poche settimane dopo, il 7 aprile 1933, chiama sionisti e nazisti ad essere "onesti partner". Il tutto sfocia nel 1935 nell'accordo di "trasferimento" in Palestina di 20000 ebrei, autorizzati a portare con sé quasi 30 milioni di dollari, con un forte impulso alla colonizzazione e al processo che poi avrebbe condotto alla formazione dello Stato di Israele".
Io non aggiungerei altro....
Per dovere di cronaca, il testo è il seguente: D. LOSURDO, "STALIN, Storia e critica di una leggenda nera", con un saggio di L. CANFORA, 2008, Carocci Editore, cit. pag. 179.

domenica 4 gennaio 2009

Il PD, Israele e la Palestina: come non prendere una posizione, o meglio, essere a favore di Israele

"Gaza: cessare il fuoco, trattare per la pace". Se questo si leggerà in un manifesto del Pd che sarà affisso nelle prossime ore nelle principali città italiane, avremo ancora una volta un saggio di ipocrisia: nel manifesto, vero sforzo di equilibrismo che non dice nulla e di fatto va a favore dei massacratori occupanti israeliani, si invita a trattare. Ma per fare questo, cari piddini, lo stato di Israele dovrebbe smetterla di bombardare civili e di uccidere impunemente: ma scrivere queste parole di verità sarebbe stato impossibile a chi, sempre più vicino ai sionisti ma con qualcuno che nella base magari sta dalla parte dei palestinesi, deve per forza giocare su equilibrismi da politicanti incomprensibili ai più, sempre alla ricerca di un linguaggio il più neutrale e disimpegnato possibile, buono per qualsiasi evento e qualsiasi occasione. Ma non denunciare i crimini dello stato di Israele significa in questo momento stare dalla parte degli occupanti: cari piddini in politica qualche volta una scelta di campo bisogna pur farla. Non si può essere a favore della Magistratura ma anche contro, a favore di palestinesi ma anche contro le forze occupanti, oppure per salvare la Costituzione ma anche cambiarla, della pace ma anche della guerra (a voi piace il termine "missione umanitaria", è più soft e salva la coscienza delle anime belle e buoniste). E via continuando, sempre con questo tono che ti fa venire la voglia di cambiare canale appena vedi Walter l' "Americano a Roma".
Di queste furbate abbiamo le scatole piene: una volta, un briciolo di dignità lo avrete o meno? Con questa logica, piddini, non fate altro che prendere per il sedere la vostra base, che spero abbia un sussulto di intelligenza e vi dia una bella lezione (in Abruzzo già è successo ma non basta) non votandovi più e cestinando la vostra inutile e dannosa tessera.

sabato 3 gennaio 2009

Fermiamo i crimini di Israele!!!

Lo stato dei macellai, vero esempio di impunità internazionale e di imperialismo guerrafondaio , dopo aver bombardato per giorni con la sua imponenente aviazione il popolo palestinese di Gaza, che non può neanche difendersi non avendo mezzi di contraerea, ha iniziato in queste ore l'attacco via terra: la Reichmarshall Livny afferma di voler eliminare la resistenza di Hamas, cioè praticamente di sterminare Gaza e i suoi abitanti. Le parole e la politica della ministra ricordano sempre di più i metodi e le idee dei nazisti, lo stato di Israele sta attuando una vera e propria pulizia etnica a danno dei palestinesi. Essendo appoggiata dagli Stati Uniti (grazie alla potentissima e ricca lobby ebraica AIPAC), nulla teme, sapendo di poter contare sulla impunità più totale. Deve finire il vile ricatto di chi afferma che qualsiasi oppositore di questi criminali sia un antisemita: la politica di Israele semmai è il tradimento di qualsiasi idea di pace e di fratellanza tra i popoli. Questo blog appoggia senza esitazione la causa palestinese e la pace tra i due popoli, la creazione di un nuovo stato per israeliani e palestinesi che ponga fine al regime di apartheid che gli arabi devono sopportare (due stati, due popoli, si tradurrebbe solo in una serie di bantustan, cioè di picole città controllate e circondate alle frontiere da Israele, un non - stato utile solo alla corrotta elite palestinese e ai disegni sionisti di Israele); appoggiamo gli Ebrei contro l'occupazione, i refusnik (cioè chi deserta l'esercito israeliano per non commettere altri scempi) e tutte le organizzazioni che si battono per evitare un nuovo Olocausto.

giovedì 1 gennaio 2009

RAI 2, ore 20:30 del 1 gennaio: il tg della vergogna e dell'infamia

Ricordando il cinquantennio della vittoriosa Rivoluzione cubana di Fidel Castro ed Ernesto Guevara, il TG2 si distingue nella più vomitevole disinformazione nei confronti dell'isola: dipingendo il Governo rivoluzionario come un regime illiberale che "detiene 55 prigionieri politici" (quanti ce ne sono nella base di Guantanamo, quanti prigionieri il Governo americano tortura ogni giorno senza uno straccio di processo? Questo Mazza perchè non lo racconti?) e intervista solo un oppositore (i classici oppositori finanziati dagli Stati Uniti per rovesciare il legittimo Governo cubano) che appiccica a Cuba manifesti contro il "tiranno" Castro (neanche Minà, giornalista estimatore del governo cubano o qualcuno a favore di Cuba merita uno straccio di intervista, tanto per fare finta di essere liberali e ascoltare anche altre voci). Pensate che regime tremendo, si lascia attaccare manifesti contro (la buffonata era visibile nel servizio, che con le immagini contraddiceva ciò che stava affermando, che risate!!!); pensate a fare uno cosa simile all'epoca del fascismo contro Mussolini oppure contro i regimi latinoamericani degli anni Sessanta e Settanta (non sareste sopravvissuti di certo). E rilasciare interviste alle TV straniere senza conseguenze!!! Che dittatura!!!
Ma la cosa insuperabile nella vergogna è stata l'ironia sull'età di Fidel e di Raul Castro: dimenticando che il nostro Presidente Napolitano ha ben 81 anni e il loro padrone Berlusconi ne ha ben 72 di anni (nascosti da bravi chirurgi, truccatori, tricologi per i capelli). Insomma ironia completamente fuori luogo; tralasciamo poi le inseattezze e le dimenticanze sul sistema sanitario e scolastico all'avanguardia, sulle prospettive di liberazione che Cuba ha contribuito ad aprire nel continente latinoamericano, sull'embargo imperialista americano che va contro il diritto internazionale (del resto cosa ci si può aspettare dai tifosi di Israele?). Queste ultime son perle che non ci interessa dare a simili porci!!!

Con Cuba, il suo popolo e la Rivoluzione!!!!

Cinquanta anni fa, le truppe di Fidel Castro, di Ernesto Guevara (il CHE) e di Camilo Cienfuegos trionfavano a Cuba mettendo fine al regime fascista del narcotrafficante filoamericano Fulgencio Batista. «Poche ore prima che si compia il 50mo anniversario del Trionfo (la vittoria della Rivoluzione castrista del 1959), faccio gli auguri al nostro eroico popolo»: questo il breve messaggio del «lider maximo» ed ex presidente cubano, Fidel Castro dalle colonne del giornale Granma.
Cuba, pur con tanti problemi, è un modello di resistenza alle politiche infami del neoliberismo economico ed è una nazione all'avanguardia nella medicina e nell'educazione di massa; che questa grandissima esperienza possa continuare, che cessi, come chiede l'Assemblea dell'ONU, il criminale embargo economico americano ai suoi danni. Con Cuba e con il suo popolo, Hasta Siempre!!!